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Dott. Ing. Cono Marmo
Researcher and creative worker
La Gnosi si basa sull'intuizione tra:
il Conoscente, il Conosciuto e il "Mezzo" della Conoscenza.
E' necessario passare dalle leggi fisiche della meccanica a quelle spirituali
dell'energia, poiché la "creatività" è la facoltà umana di produrre nuove idee
per migliorare la Vita.
La creatività è una dote "naturale", un istinto, una facoltà propria dell’Umano che, come ogni altra facoltà ha bisogno di essere coltivata, esercitata e amata, attraverso un percorso che si snoda nella Filosofia che da tempo immemore ci guida e ci accompagna nel lento progresso evolutivo. Per far crescere la creatività in un individuo, è necessario che Essa sia ascoltata, riconosciuta, ammirata come bene quotidiano da ognuno di noi. Ma esiste anche un'ideologia della creatività. Intendiamo ideologia secondo un’accezione filosofica classica: falsa coscienza. Questa falsa coscienza della creatività ha come fine un prodotto distruttivo: allontanare la creatività dalle relazioni umane e quindi anche dal singolo individuo come mai è avvenuto nella storia della nostra specie. La nostra cultura politica e aziendalista ha allontanato infatti, l'idea della creatività dalla quotidianità, per farne un mito di cui usufruire nel tempo libero, ma senza impegno come la "moda e il costume".
La creatività è divenuta un prodotto commerciale del genio al servizio di chi ha soldi da investire e soprattutto da farne. Il cinema, l'architettura, la musica, la letteratura: un'enorme macchina produttiva ha comprato la "creatività oggettiva" e ne ha fatto una sua proprietà privata. Si è ingenerata l'opinione ideologica che noi, poveri mortali, da stipendio fisso o semovente, possiamo solo essere fruitori della creatività altrui. Creatività è sinonimo di Michelangelo o delle agenzie pubblicitarie della Nike e dei registi di Hollywood. Creatività è sinonimo cioè o di arte classica e irripetibile di un genio così lontano da noi da non suscitare invidia o di successo, potere e denaro, da ammirare dal basso verso l'alto.
Chi insegna "tecniche" di creatività mette nero su bianco che l'ha insegnata a esponenti del mondo degli affari, dell'educazione, della gestione dello stato ecc. ecc. Diviene così più credibile, più creativo. Nonostante sia divenuta un ingranaggio delle macchine politiche e commerciali, la creatività riesce a resistere anche all'accanimento del potere, dell'ideologia, della logica del profitto. Perché il prodotto creativo è riconoscibile da tutti: fa fare soldi. La gente apprezza la creatività e sa distinguere una bufala commerciale da un prodotto creativo commercializzato. Il problema è che per l'ideologia della creatività solo chi ha potere, successo, denaro, può essere creativo o commissionare l'essere creativo.
Questo ha conseguenze enormi: cominciamo a pensare che la creatività non fa parte della nostra mente. Come in un sillogismo terrificante: non abbiamo potere, chi ha potere è creativo, dunque non siamo creativi. Non siamo uomini o donne di successo, chi ha successo è creativo, noi non siamo creativi. Creativo è Bill Gates, dopo c'è solo Dio. Questa ideologia penetra nei banchi di scuola, nelle aule universitarie. E' un'ideologia sottile, non sbandierata, mai teorizzata, ma presentata nei fatti dell'apprendimento, dell'istruzione, della crescita umana e culturale in generale. Ripensiamo alla scuola: quando mai qualcuno ha fatto appello, stimolato, suscitato il vostro pensiero creativo come fatto fondamentale dell'apprendimento?
La scuola stimola: l'intelligenza (sempre più raramente), la memoria (sempre), la conoscenza (a volte), ... mai l'inventiva, la scoperta, l'invenzione.
La creatività è subordinata a un domani che non verrà mai. Al massimo, se avete incontrato qualche ribelle di sinistra, potrete far appello al pensiero critico, ma mai al pensiero creativo. Questa ideologia rischia di essere permanentemente riprodotta dal basso, nelle famiglie, nelle relazioni di amicizia, nelle comitive da bar. Dove, come, quando, perché esprimerla diventa un fattore problematico da affrontare in termini che possono essere solo creativi. Ma quando la creatività viene relegata nel dimenticatoio delle belle cose a cui abbiamo rinunciato, diviene difficile impossessarsene di nuovo.
La creatività non rientra nel rapporto con i figli, nel rapporto di coppia, nel gestire al meglio il proprio sabato sera. E' bandita da ogni menù relazionale. Ma nello stesso tempo la creatività fa parte della vita quotidiana di migliaia di donne. Crescere un figlio, fare la spesa, lavorare e mantenere vivo il rapporto con il proprio partner, curare la casa, l'economia familiare, gestire la vita di un nucleo di persone, rapportarsi alla vita, alla morte e alle malattie, richiede una creatività permanente. Le donne devono affrontare una tale mole di problemi quotidiani che non hanno il tempo di assaporare la loro stessa creatività, a discapito della loro stessa autostima. La creatività legata alla soluzione dei problemi è uno degli aspetti che più la connotano.
Ma diviene un difetto quando è esclusivamente usata per superare problemi e ostacoli. La creatività è un divenire straordinario di pensieri ed emozioni, è uno dei fattori più particolari e affascinanti di un essere umano. Eppure se è legata alla soluzione dei problemi e di problemi che non volevamo, la creatività si associa sempre di più all'ansia, è lo strumento per fronteggiarla e superarla. Non a caso psicoterapeuti come Carotenuto, fanno appello alla creatività per superare le nevrosi. Sembra oramai che un creativo sia tale solo se nevrotico. E un nevrotico è un creativo mancato. Un lato della nostra cultura sembra avallare un'opinione del genere.
Pensiamo al detto: squadra vincente non si cambia. O ancora all'uso accusatorio e infamante che spesso si fa con la frase: ma tu hai cambiato idea!!! Come se il pensiero potesse trasformarsi in un iceberg eterno. Dall'arte e persino dalla religione discende invece un'idea di creatività che è utile a tutti noi: Dio, secondo la Bibbia, e quindi secondo una delle accezioni più antiche della creatività, non ha creato il mondo perché aveva un problema mentre la mente di Leonardo veleggiava fra scienza, pittura e tecnologia per il solo gusto di assaporare il divenire dell'incedere creativo. La creatività venne anticamente concepita come facoltà di sviluppo, di piacere, di rinnovamento e cambiamento anche quando tutto va bene, semplicemente perché si vuole crescere, migliorare come esseri umani, esprimendo l'essenza della nostra stessa specie.
E se la creatività si addestra al fine di migliorare la propria vita, affronterà gli stessi aspetti problematici con fantasia e rigore straordinari. In realtà, non vediamo come la «vita sociale» nel significato prettamente profano inteso dai moderni, possa avere dei legami con la spiritualità, a cui, al contrario, non apporta che impedimenti; essa ne aveva invece quando si integrava in una civiltà tradizionale, ma è precisamente lo spirito moderno che li ha distrutti, o che mira a distruggerli là ove essi ancora esistono; e quindi cosa mai ci si può attendere da uno «sviluppo» il cui tratto caratteristico è proprio di andare all'opposto di ogni spiritualità?
La mentalità moderna, quindi, è tale da non poter sopportare alcun segreto e nemmeno delle riserve; cose del genere, poiché ne ignora le ragioni, le appaiono soltanto come «privilegi» istituiti a vantaggio di qualcuno, ed essa non può più soffrire alcuna superiorità; se si volesse tentare di spiegarle che i cosiddetti «privilegi» hanno un loro reale fondamento nella natura stessa degli esseri sarebbe fatica sprecata, poiché è proprio questo che il suo «egualitarismo» ostinatamente nega.
C’è da rimanere ammirati di fronte alla solenne scempiaggine di certe declamazioni care ai «volgarizzatori» scientifici i quali si compiacciono di affermare ad ogni piè sospinto che la scienza moderna fa indietreggiare senza posa i confini del mondo conosciuto, quando, in realtà, è vero esattamente il contrario: mai questi confini sono stati così angusti come lo sono nelle concezioni ammesse dalla pretesa scienza profana, e mai il mondo e l'uomo si erano trovati così rimpiccioliti, al punto di essere ridotti a semplici entità corporee prive, per ipotesi, della sia minima possibilità di comunicazione con ogni altro ordine di realtà.
Ma cosa può importare ad un occidentale moderno che, per esempio, ci sia una «porta dei Cieli» in un certo luogo, od una «bocca degli Inferi» in un certo altro, dal momento che lo «spessore» della sua costituzione «psicofisiologica» è tale che assolutamente in nessuno dei due egli può provare qualcosa di speciale? Queste cose sono dunque letteralmente inesistenti per lui, il che, è sottinteso, non vuole affatto dire che esse abbiano cessato di esistere. In modo generale le opere dei popoli sedentari possono esser dette opere del tempo: costretti nello spazio in un campo strettamente limitato essi sviluppano la loro attività in una continuità temporale che appare loro indefinita. All'opposto, i popoli nomadi e pastori non edificano nulla di durevole, e non lavorano in vista d'un avvenire che sfugge loro; ma hanno davanti a sé lo spazio, il quale non oppone nessuna limitazione, aprendo loro, al contrario, costantemente nuove possibilità.
La costituzione delle teorie scientifiche, dovette anch'essa procedere per gradi; e il meccanicismo aprì direttamente la strada al materialismo, che doveva significare, in modo pressoché irrimediabile, la riduzione dell'orizzonte mentale al campo corporeo, considerato da allora in poi l'unica «realtà», privata per di più di tutto ciò che non poteva essere inteso come semplicemente «materiale»; naturalmente l'elaborazione della nozione stessa di «materia» da parte dei fisici doveva avere in questo senso una parte importante. Da quel momento si era propriamente entrati nel «regno della quantità». Gli Occidentali già da molto tempo non sanno più distinguere tra «anima» e «spirito» di conseguenza questa confusione si manifesta ad ogni piè sospinto nello stesso linguaggio di tutti i giorni. E se la creatività si addestra al fine di migliorare la propria vita, affronterà gli stessi aspetti problematici con fantasia e rigore straordinari.
Schopenhauer scrisse: alla comune idee e ragionamenti intelligenti proprio non interessano, poiché alle "Masse" l’evoluzione/progresso, hanno senso solo se intesi in termini economici.
Difendere il proprio orticello e la "gabbietta" che ci siamo costruiti con diligenza affinché "nessuno possa entrare", fa sì che non sia possibile uscire. La Ricerca Scientifica non può e non dovrebbe essere, il simulacro ideologico della “nuova religione economica” con cui s’identifica la Scienza Ufficiale che, invece di DIMOSTRARE secondo il più classico dei metodi Cartesiani, rilancia TEORIE e TEOREMI del tutto indimostrate, giacché figlie di una visione meccanicistica i cui risultati stanno arrugginendo sotto la vivida luce del sole.
E' tempo di riesumare dall'oblio i concetti metafisici di Bruniana memoria che tanto hanno contribuito per lo sviluppo Intellettuale e Spirituale del Genere Umano.